È una donna la prima programmatrice della storia: nel 1843 Ada Lovelace ha inventato il primo software per la ‘macchina analitica’.

Unica figlia legittima del poeta romantico Lord Byron, Ada Lovelace è la prima ad aver intuito le potenzialità della ‘macchine computazionali’, superando la semplice elaborazione di numeri ma immaginando veicoli di trasmissione di informazioni, parole, immagini e suoni.

Nel 1834 inizia a collaborare con il matematico Charles Babbage – incontrato ad un ricevimento londinese – che la coinvolge nello sviluppo della macchina differenziale, uno strumento meccanico capace di risolvere ogni tipo di funzione polinomiale sfruttando il metodo delle differenze finite, e della macchina analitica, capace di svolgere qualsiasi operazione.

Nel 1842, in occasione del secondo Congresso degli scienziati italiani, Ada Lovelace descrive le proprietà della macchina analitica, alla quale sta lavorando insieme a Charles Babbage: “una macchina capace di essere uno strumento programmabile, con una intelligenza simile a quella dell’uomo”.

Lovelace prospetta la creazione di una macchina pensante, capace di sostituirsi all’uomo, molto simile ai moderni computer.

L’anno successivo, seppur molto malata, Ada Lovelace prosegue i propri studi, interrogandosi sui limiti dell’intelligenza artificiale ed elaborando un algoritmo rivoluzionario per il calcolo dei numeri di Bernoulli. La formula, considerata il primo programma informatico della storia, sarà usata dal matematico Alan Turing, per costruire il primo computer.

Ada Lovelace ha posto le basi della moderna informatica, tanto da essere celebrata dal Ministero della Difesa statunitense con un linguaggio di programmazione che prende il nome di “Ada”.

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