In occasione della Giornata mondiale senza sacchetti di plastica, che ricorre il 12 settembre di ogni anno per volontà dell’organizzazione britannica The Marine Conservation Society, il Blog del Festival della Cultura tecnica intende celebrare Ruth Patrick, pioniera delle ricerche sull’inquinamento ambientale.

I dispositivi di protezione necessari per frenare il contagio da Covid-19, insieme al distanziamento sociale, sono gli strumenti che ci permettono di riprendere lentamente tutte le attività sociali e produttive. Se da un lato ci consentono di contenere l’emergenza pandemica, dall’altro sono fonte di un nuovo problema: l’inquinamento ambientale da plastica.

L’ambiente trabocca di rifiuti plastici ai quali servono secoli per decomporsi. Anche gli ecosistemi acquatici continentali – laghi, stagni, paludi, fiumi e torrenti – registrano sempre più frequentemente fenomeni di alterazione delle acque causati dall’uomo.
Il crescente consumo di dispositivi plastici monouso ai tempi del Covid-19 contribuisce a peggiorare le condizioni dei corsi d’acqua terrestri, sempre più gremiti di plastica.

La limnologia, di cui Ruth Patrick è stata per decenni la massima esperta mondiale, è lo studio degli ecosistemi acquatici continentali dal punto di vista geomorfologico, chimico e biologico. Disciplina poco conosciuta, strettamente imparentata con l’ecologia, riveste un ruolo fondamentale per comprendere i fenomeni di alterazione delle acque terrestri.

Oltre a essere una delle scienziate più longeve e produttive di sempre, Ruth Patrick è stata la prima a comprendere l’importanza degli organismi più piccoli per la valutazione del livello di inquinamento degli ecosistemi acquatici, decenni prima che Elisabeth Mann Borgese portasse le questioni ambientali al centro del dibattito pubblico. Rileggi anche la sua storia: clicca qui

Nata in Kansas nel 1907, il suo interesse per l’ambiente nasce quando, da bambina, segue il padre – avvocato animato da una profonda passione per la natura – nelle sue lunghe escursioni nei boschi vicini. Quando riceve in regalo il suo primo microscopio, l’interesse e la curiosità si trasformano in un vero e proprio amore per la scienza, destinato ad accompagnarla per il resto della vita.
Dopo il diploma, conseguito nel 1925 in una scuola del Missouri, su insistenza della madre frequenta una scuola femminile non particolarmente impegnativa, ma grazie al padre ha la possibilità di perfezionare la sua formazione frequentando dei corsi estivi in chimica e biologia.
Dopo aver conseguito una prima laurea generica, la giovane si iscrive all’Università della Virginia, dove nel 1931 si laurea in biologia e nel 1934 ottiene un dottorato di ricerca in botanica.

Negli anni della grande depressione lavora come volontaria presso l’Accademia di Scienze Naturali di Filadelfia, dove si dedica alla gestione e alla cura della sezione di microscopia, concentrando i suoi interessi sulle alghe diatomee.
Grazie ai suoi sforzi, l’erbario dell’Accademia si trasforma in una delle più grandi e importanti raccolte mondiali. Dopo anni di lavoro svolto a titolo gratuito, nel 1945 la giovane scienziata ottiene una posizione retribuita e nel 1947 ha l’opportunità di fondare il dipartimento di limnologia, che dirigerà fino al 1973.

In quegli anni nessuno è interessato a condurre analisi volte a valutare i livelli di inquinamento degli ecosistemi. I pochi scienziati che studiano il fenomeno si concentrano sugli effetti che l’inquinamento ha sul singolo organismo o su gruppi limitati di specie. Ruth Patrick è la prima a condurre una ricerca globale a livello ecosistemico in termini di biodiversità, con la precisa finalità di determinarne il livello complessivo di inquinamento.
Uno dei primi progetti del dipartimento, considerato ancora oggi una pietra miliare della ricerca ambientale, è il rilevamento compiuto nel 1948 nei pressi del bacino del fiume Conestoga, in Pennsylvania. Grazie a questo studio è stato possibile stabilire per la prima volta la correlazione diretta tra aumento dell’inquinamento e diminuzione della biodiversità.

Negli anni Cinquanta la commissione per l’energia atomica del governo americano contatta la scienziata per chiederle di valutare lo stato ecologico del fiume Savannah nelle vicinanze dell’impianto per la produzione di materiali nucleari della compagnia chimica DuPont. È la prima di una lunga serie di consulenze e collaborazioni; negli anni Sessanta il presidente degli Stati Uniti Lyndon B. Johnson si rivolge a lei per condurre un’importante ricerca a livello nazionale sull’inquinamento idrico e negli anni Ottanta Ronald Reagan la coinvolge in una ricerca governativa sul fenomeno delle piogge acide.

Una vera pioniera, capace di precorrere i tempi e comprendere l’importanza delle ricerche sistematiche sull’inquinamento molto prima di tutti gli altri, Ruth Patrick ha mantenuto viva la sua passione per la scienza fino agli ultimi anni. Nel 2012, all’età di 104 anni seguiva ancora con interesse gli sviluppi sull’utilizzo della genetica nell’identificazione delle larve degli insetti acquatici presenti nei bacini idrici inquinati.

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